“Quando ci batteva forte il cuore” di Stefano Zecchi
Titolo: Quando ci batteva forte il cuore
Autore: Stefano Zecchi
Pagine: 215
Editore: Mondadori
✱✱✱✱✱
Acquista su Amazon
Trama
Pola 1945: il mondo gioisce per la fine della guerra, ma in Istria e Dalmazia gli italiani non hanno nulla da festeggiare. I vincitori della guerra decidono e tracciano i nuovi confini che separeranno l’Italia dalla Jugoslavia comunista: le truppe di Tito avanzano fino a Trieste che, dapprima, viene annessa all’area di influenza jugoslava e poi nuovamente restituita agli alleati che la controlleranno col loro governo provvisorio, mentre l’Istria e la Dalmazia rimarranno di fatto jugoslave, negando agli italiani la loro identità.
In questo clima turbolento Stefano Zecchi ambienta “Quando ci batteva forte il cuore”, il cui protagonista è Sergio, bambino di sei anni nato a Pola. La sua è un’infanzia normale, fatta di scuola, amici, giochi e vacanze al mare, interrotta però dai soprusi e dalle violenze da parte delle truppe jugoslave che rendono la vita degli abitanti di Pola impossibile. La madre di Sergio, nel frattempo entra a far parte di un’organizzazione partigiana anticomunista e ciò la costringe ad allontanarsi dalla sua famiglia e dalla sua città d’origine, perché ormai controllata costantemente dagli jugoslavi.
A quel punto il padre di Sergio decide di lasciare definitivamente Pola col piccolo Sergio ed inizia un lungo ed avventuroso viaggio verso l’Italia, con la speranza di ricostruire lì le loro vite.
Il mio giudizio
Ancora una volta Stefano Zecchi stupisce, commuove e appassiona noi lettori che di fronte alla fluidità con cui ha scritto questo suo ultimo romanzo possiamo solo leggerlo tutto d’un fiato fino all’ultima pagina. Un romanzo che tocca temi importanti. In primo luogo, il dramma delle foibe perpetrato dagli jugoslavi di Tito dopo la seconda guerra mondiale.
Acquista su Amazon
Personalmente sono venuta a conoscenza di questo libro il 10 febbraio 2011, che è il giorno che è stato scelto per ricordare i massacri delle foibe, e sono subito corsa in libreria a comprarlo. Dalla prima pagina il libro mi ha subito catturato e mi ha colpito immediatamente il modo in cui Zecchi riesce a narrare, con la voce di un bambino di soli sei anni, degli eventi tanto tragici. Zecchi, tramite Sergio, ricostruisce infatti una delle pagine più cruente della nostra storia, e grazie ai diversi personaggi di cui si compone questo romanzo ci fa capire da vicino il dramma vissuto dai nostri connazionali, che, dapprima si trovarono in balia delle truppe tedesche e di quelle jugoslave e poi, gli fu negato loro di essere italiani e di continuare a vivere nella loro patria, che non c’era più.
Personalmente, e non per solidarietà femminile, sono rimasta molto colpita dalla mamma di Sergio, Nives. Una donna coraggiosa, a tratti ostinata, che porta avanti la sua lotta fino in fondo, al punto da abbandonare la sua casa e la sua famiglia perché braccata dai comunisti, senza rinunciare, però, alla causa italiana. Nives non scappa, rimane a Pola, perché, dice, è italiana e quella è la sua terra.
Ugualmente degno di nota è il papà di Sergio. Di lui colpisce, naturalmente, l’affetto verso il figlio, ma, soprattutto il coraggio con cui una notte d’inverno prepara lo zainetto di Sergio, vi infila dentro il suo libro di storie preferito, lo prende per mano ed inizia un lungo viaggio, fatto di pericoli, paure, rischi e di speranza. Pian piano Flavio conquista la fiducia di Sergio, fino a condurlo con tanti sforzi ad una nuova vita restituendo ad entrambi la dignità che la storia gli aveva portato via.