Titolo: Quel che affidiamo al vento
Autrice: Laura Imai Messina
Pagine: 248
Editore: Piemme
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Recensione di “Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina
A sette ore di auto da Tokio si trova un giardino incantato chiamato Bell Gardia, custodito dal saggio Suzuki. Nel giardino di Bell Gardia è installata una cabina con un vecchio telefono, di quelli che per comporre i numeri devi girare una rotella con tanti fori quanti sono i numeri da zero a nove.
Il “Telefono del vento”, che esiste realmente in Giappone, non è collegato alla linea telefonica, ma trasporta le voci di chi parla nel vento. Questo strano strumento serve, infatti, a mettere in contatto chi lo utilizza con i propri cari defunti.
Parlare con una mamma, un papà o un amico è sufficiente ad alleviare il dolore che ci portiamo dentro per la loro perdita?
Yui e Takeshi ne sono convinti. Yui ha perso sua madre e la sua bambina di tre anni a causa di un devastante Tsunami. Takeshi è vedovo ed è il papà di Hana. Da quando sua moglie è morta due anni prima Hana non ha più parlato.
Yui e Takeshi si incontrano proprio a Bell Gardia. È lì che i due si conoscono e iniziano a frequentarsi unicamente per recarsi a Bell Gardia una volta a mese.
Dopo qualche tempo Takeshi porta a Bell Gardia anche la piccola Hana, nella speranza che la piccola possa mettersi in contatto con l’amata madre, ritrovando così il sorriso.
Yui ama il “Telefono del vento”, conosce ogni dettaglio di Bell Gardia. Grazie all’armonia di quel luogo magico la giovane si sente finalmente in pace con sé stessa e ritrova lentamente il coraggio e la forza di ricostruire la propria vita.
Man mano che Yui frequenta Bell Gardia entra in confidenza con diverse persone che vi si recano per cercare un contatto con i propri cari, condividendo con loro, con l’estrema discrezione propria dei Giapponesi, i suoi affanni.
“Se era sopravvissuta lo doveva soprattutto a quel giardino, alla cabina bianca con la porta girevole e al telefono nero poggiato sul ripiano accanto al quaderno”.
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Ed è per questo che quando un terribile uragano minaccia di abbattersi su Bell Gardia Yui parte da Tokio per difendere quel luogo a cui deve tanto, mettendo a rischio anche la propria vita.
Non conoscevo Laura Imai Messina, ma posso dire di aver letto “Quel che affidiamo al vento” in pochissimi giorni. È un libro che commuove, affascina, emoziona come pochi riescono a fare. Lo stile dell’autrice raffinato e fluido riflette alla perfezione la personalità dei protagonisti, nonchè la discrezione tipica dei giapponesi, che ritroviamo nei loro gesti e nelle loro parole. Laura Imai Messina ci racconta con estrema finezza l’innamoramento tra Yui e Takeshi e, pur senza mai far cenno ad approcci fisici o passionali, riesce a rendere l’idea del forte sentimento che pian piano nasce tra i due.
Laura Imai Messina affronta temi complessi quali l’elaborazione del lutto o la prematura scomparsa di un genitore senza mai annoiare il lettore, ma soprattutto senza mai scadere in un racconto scontato o drammatico. Le sue parole non sono mai cupe, non trasmettono tristezza, ma anzi si focalizzano prevalentemente sul percorso di rinascita di Yui.
“Quel che affidiamo al vento” ci insegna che se da un lato non bisogna aver paura di ricominciare dall’altro bisogna rispettare sempre i propri tempi e i segnali che il nostro corpo ci invia. Così è stato per Yui, che durante uno dei tanti viaggi verso Bell Gardia ha deciso di non trattenere più la nausea di cui soffriva in macchina, liberandosi così di tutti i ricordi negativi che la affliggevano da quando i suoi affetti erano andati via. Da quel momento realizza che “Non solo le cose migliori ma anche le cose peggiori hanno una fine” e comincia così la sua rinascita.
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