Titolo: Resto qui
Autore: Marco Balzano
Pagine: 184
Editore: Einaudi
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Recensione di “Resto qui” di Marco Balzano
“Resto qui”, finalista al Premio Strega nel 2018, inizia negli anni ’20 del secolo scorso, poco dopo l’annessione del Sudtirolo all’Italia.
Trina è una giovane studentessa altoatesina che insieme alle sue amiche Maya e Barbara sogna di diventare una maestra. Le ragazze corrono spensierate con le loro biciclette lungo i rigogliosi boschi della Val Venosta e si godono il flebile sole primaverile nell’antico borgo di Curon.
Trina, come tutti gli abitanti della Val Venosta, continua a parlare la sua lingua, il tedesco, rifiutando di sentirsi parte di quella nazione, l’Italia, che tenta continuamente di strapparle la propria identità. Il partito fascista ha infatti vietato l’utilizzo della lingua tedesca, imposto l’italianizzazione dei nomi e messo al bando l’insegnamento del tedesco nelle scuole di ogni ordine e grado. Decisa a mantenere viva la cultura austriaca, Trina sfida il regime fascista, e, ancora giovanissima, inizia ad insegnare ai bambini di Curon nelle scuole clandestine, in fienili, depositi e altri luoghi di fortuna.
Nel frattempo la giovane sposa Erich, un contadino taciturno e solitario, con cui avrà due bambini.
Di lì a poco le loro vite tranquille vengono sconvolte dalla guerra, che seminerà odio e distruzione anche nella pacifica Val Venosta e separerà intere famiglie in nome di un’ideologia che si rivelerà l’ennesima sconfitta.
Oltre alla guerra un’altra minaccia incombe su Curon: il progetto di costruzione di una diga nel lago di Resia che alzerà il livello dell’acqua fino a sommergere interamente gli antichi borghi di Curon e Resia.
Erich e Trina, miracolosamente sopravvissuti alla guerra, si batteranno senza successo fino alla fine pur di ostacolare l’insensato progetto e difendere il proprio paese e, con esso, la propria identità.
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Le vicende di Erich e Trina sono narrate in prima persona dalla stessa Trina, in una sorta di lettera-diario che la donna scrive alla figlia scomparsa. Un romanzo che diventa una vera e propria confessione e che consente al lettore di entrare nell’intimità più profonda di una donna forte e coraggiosa, condividendo con essa i dolori e i lutti che la guerra ha portato con sè.
Le vicende di Erich e Trina sono solo un segmento della storia che Marco Balzano ci racconta. “Resto qui” è infatti un racconto di ribellione, di oppressione, di difesa delle proprie radici e di pregiudizi tra due culture diverse. Con uno stile limpido e lineare Marco Balzano da voce a tutti i contadini che hanno lottato per difendere le proprie terre e con esse la propria identità, costretti ad abbandonare i luoghi della propria infanzia, in nome di interessi che non daranno gli esiti sperati. “La diga produce pochissima energia. Costa molto meno comprarla dalle centrali nucleari francesi”, ricorda infatti Trina nelle ultime pagine del libro.
Resto qui ci fa rivivere vicende controverse e dolorose della nostra storia che in pochi conoscono.
La diga sul lago di Resia
In Sudtirolo, nella rigogliosa Val Venosta, al confine tra Italia, Austria e Svizzera, si trova un luogo dall’atmosfera surreale, a tratti spettrale. È il lago di Resia, al cui centro svetta un antico campanile del XIV secolo.
La quiete che pervade i visitatori che passeggiano lungo le rive del lago nasconde però anni di lotte portate avanti senza successo dagli abitanti dei paesini di Curon e Resia.
Si perchè il lago di Resia, oggi meta di tantissimi turisti che vi si recano per osservare il campanile sommerso, è un lago artificiale, costruito per la produzione di energia elettrica e nato dall’unione dei due laghi di Resia e Curon. Il primo progetto di costruzione della diga risale ai primi anni del ‘900, quando ancora regnava l’Impero Austro-Ungarico. Il progetto fu poi ripreso dal governo fascista, ma la costruzione della diga fu temporaneamente sospesa con l’inizio della seconda guerra mondiale. Negli anni ’40 i lavori ricominciarono, nonostante le forti proteste degli abitanti del luogo. Nell’estate del 1950 la diga cominciò a funzionare e il livello dell’acqua del lago salì velocemente, fino a sommergere 677 ettari di terra. 150 famiglie abbandonarono le loro abitazioni e, oltre alle case, persero anche la propria forma di sostentamento, cioè le terre in cui gli animali pascolavano. Il tutto a fronte di indennizzi estremamente modesti.
Un piccolo ristoro per gli abitanti del luogo è stato il risanamento di parte delle rive, realizzato circa venticinque anni dopo la distruzione dei borghi di Curon e Resia. In questo modo sono stati recuperati alcuni ettari di terreno agricolo.
https://www.venosta.net/it/passo-resia/cultura-arte/attrazioni/campanile-nel-lago.html