Recensione di “Tre piani” di Eshkol Nevo
Titolo: Tre piani
Autore: Eshkol Nevo
Pagine: 255
Editore: Neri Pozza
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La storia
A pochi km da Tel Aviv si erge una piccola palazzina suddivisa in tre piani. Dietro l’apparente tranquillità si celano le diverse storie degli abitanti dei diversi appartamenti, fatte di tensioni, dolori, solitudine e voglia di ricominciare.
Al primo piano abitano Arnon, Ayelet e la piccola Ofri, che occasionalmente viene affidata alla coppia di anziani in pensione vicini di casa, Ruth ed Hermann. Il rapporto si incrina irrimediabilmente quando Hermann, che da tempo mostra i primi sintomi dell’Alzheimer, sottrae Ofri per qualche ora alla propria famiglia, scatenando l’ira cieca di papà Arnon.
Al secondo piano abita invece Hani, madre insoddisfatta di due bambini e moglie di Assaf, sempre assente per motivi di lavoro. La vita di Hani viene sconvolta una mattina dall’arrivo improvviso di Eviatar, fratello di Assaf, col quale la famiglia ha interrotto ogni contatto da anni a causa delle attività illecite dello stesso, salvo poi chiedersi se l’incontro non sia stato solo il frutto della propria immaginazione e la proiezione dei propri desideri.
Ed infine al terzo piano troviamo Dovra, giudice in pensione, che cerca di combattere la forte nostalgia che prova per il defunto marito con l’utilizzo di una vecchia segreteria telefonica. Ripercorre così il suo passato e rivede il difficile rapporto che aveva con suo figlio Arad, il quale proprio a causa dell’ingombrante presenza dei genitori, in gioventù si è completamente allontanato dalla propria famiglia d’origine.
Il mio giudizio
Eshkol Nevo, scrittore israeliano ma di fama mondiale, descrive la vita delle tre famiglie protagoniste prendendo spunto dalle tre diverse istanze freudiane: Es, Io e Superio. La psicanalisi diventa così il pretesto per raccontare il bisogno di farsi ascoltare che accomuna i protagonisti.
Gli abitanti del primo piano incarnano alla perfezione l’idea freudiana dell’Es: i bisogni pulsionali, irrazionali ed impulsivi dominano infatti le azioni di Arnon, la cui vicenda viene raccontata in un dialogo che è praticamente un monologo, proprio perché Arnon è troppo preso dalla necessità di raccontare al suo interlocutore la sua storia.
Al secondo piano c’è Hani che rappresenta l’Io, ovvero quella parte della nostra psiche preposta alla coscienza e che si pone come mediazione tra i bisogni pulsionali dell’Es e il mondo esterno. Il suo compito è quello di mediare le istanze vitali dell’Es, tese al soddisfacimento irrazionale e assoluto, e le istanze del SuperIo, indirizzate verso la censura e la castrazione delle prime.
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Ed invero Hani è sempre in una posizione di mezzo tra quelli che sembrerebbero le sue passioni o desideri e quelli che sono i propri compiti o doveri che puntualmente soffocano i primi.
Ed infine al terzo piano ritroviamo Dovra, il giudice in pensione e “censore morale” delle vite altrui e degli altrui desideri e atti.
Ho apprezzato molto questo romanzo, anche perché mi sono ritrovata in uno dei tre personaggi (ma non vi svelerò quale!).
Un’ idea sicuramente originale quella di narrare tre storie a tratti diverse e a tratti simili tra loro: ancora una volta il bisogno di comunicare diventa ciò che accomuna i personaggi, desiderio sempre presente in ognuno di noi e spesso messo da parte.
Interessante come l’autore narra le diverse vicende dei tre personaggi: si parte da un dialogo – monologo perché privo delle battute di uno dei due interlocutori, a una lettera spedita ad un’amica, per finire con una serie di brevi messaggi vocali registrati su una vecchia segreteria telefonica.