Titolo: Il rosso vivo del rabarbaro
Autrice: Audur Ava Olafsdottir
Pagine: 128
Editore: Einaudi
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Recensione de “Il rosso vivo del rabarbaro”
Augustina è la giovane protagonista de “il rosso vivo del rabarbaro”, ennesimo romanzo di questa fantastica scrittrice islandese che divoro!
Augustina vive insieme a Nina nella parte alta di uno sperduto villaggio islandese. La ragazza non ha mai conosciuto il suo papà, mentre la sua mamma, un’ornitologa sempre in giro per il mondo, l’ha affidata alla saggia Nina quando Augustina era poco più che neonata.
La giovane Augustina è una ragazza “speciale” perchè per camminare deve utilizzare delle stampelle, ma ciò non le impedisce di coltivare ogni giorno il suo sogno: scalare “con le sue gambe matte” la montagna che sovrasta il suo villaggio.
Per incoraggiarla a coltivare il suo sogno Nina regala ad Augustina, in occasione del suo compleanno, un paio di scarpe da trekking, che la aiuteranno in questa difficile se non impossibile impresa: perché spesso i limiti che ci poniamo sono soprattutto mentali.
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Candido, delicato, questo romanzo rispecchia alla perfezione lo stile di Audur Ava Olafsdottir, scrittrice islandese che con i suoi romanzi riesce sempre a farmi vivere le magiche atmosfere islandesi.
Sembra di vedere davanti ai nostri occhi il piccolo villaggio di Augustina e Nina, i cui ritmi scorrono lenti e sereni, come le abitudini dei suoi abitanti. Il rabarbaro è forse l’unica risorsa di questa aspra terra ed è per questo che gli abitanti del villaggio sanno apprezzarlo, cucinandolo in mille modi e preparando conserve che si regaleranno l’uno l’altro nei giorni di festa.
Augustina è una ragazza speciale, intellettualmente autonoma ed indipendente, insofferente agli “schemi” imposti dalla scuola, che ne limitano la creatività. Inoltre Augustina non avverte la disabilità di cui è portatrice né permette alla stessa di porle dei limiti: va a scuola a piedi come tutti i suoi coetanei, si perde tra i campi di rabarbaro dove è stata concepita, ma soprattutto sogna. Sogna e viaggia con la mente, senza mai perdere di vista il suo obiettivo di scalare la montagna, impresa che progetta e organizza nei minimi dettagli. Perché scalare la montagna che sovrasta il villaggio rappresenta metaforicamente la volontà di superare i propri limiti, di porsi degli obiettivi e di lottare per raggiungerli, nonché la voglia di ampliare i propri orizzonti.
Come in “Rosa candida“, anche questa volta l’autrice propone dei temi ricorrenti, quali il desiderio di lasciare l’Islanda o l’allontanamento della madre naturale dal proprio bambino.